LA VITA COSI’ COM’E’

"Di cosa parliamo quando parliamo d’amore" di Raymond Carver (Edizioni minimum fax)

Sarà capitato a molti di voi di avvertire la sgradevole sensazione di trovarsi di fronte ad una pagina bianca e non sapere cosa scriverci sopra. Bene, questo è più o meno quello che sta accadendo a me, da un po’ di tempo a questa parte.
La penna (pardon: la tastiera!) giace inerte sul tavolo, in attesa che le mani possano trasmetterle quello che la mente sta elaborando. Sembra sempre più difficile dare corpo alla moltitudine di pensieri che si rincorrono nella mia testa, forse perché sono troppi, forse perché quelli piacevoli, stimolati soprattutto dalla mia attività di lettore si sovrappongono e si scontrano con quelli un po’ meno piacevoli legati alla mia attività professionale.
Anche la lettura, del resto, vive una fase di stanca, si avanza nel libro lentamente, poche pagine per volta, come in una foresta intricata. Alla fine, pur di non farmi vincere dallo sconforto, ho deciso di dedicarmi, almeno per ora, alla lettura di racconti brevi, anzi brevissimi.
Per questo ho chiesto aiuto a Raymond Carver, uno tra i miei preferiti, e lui mi è venuto subito in soccorso con una raccolta dal titolo tanto invitante quanto enigmatico: "Di cosa parliamo quando parliamo d’amore". Al termine della lettura del primo racconto "Perché non balliamo?", mi sono addormentato.
Adesso crederete che Carver abbia esercitato su di me un effetto soporifero, ma intendo subito smentirvi. Quello che mi ha fatto entrare così rapidamente nel regno di Morfeo è stata piuttosto l’ora tarda, insieme alla stanchezza accumulata durante la giornata.
Poco prima del risveglio, ho avuto una specie di visione, una di quelle che desidererebbe avere un qualunque lettore appassionato. Ho sognato che davanti ai miei occhi c’era una pagina scritta in bei caratteri (probabilmente Arial…) in cui erano riportati in bell’ordine tutti i pensieri e le sensazioni che quella lettura mi aveva stimolato. Insomma, una perfetta recensione del racconto che, ovviamente, si è quasi completamente dissolta al mio risveglio, non fino al punto, però, da impedirmi di ricordare qualche dettaglio.
C’era qualcosa nel racconto che mi aveva colpito, una leggera sensazione di disagio, qualcosa che sul momento non ero riuscito ad identificare. Il sogno è stato abbastanza rivelatore da chiarirmelo.
Il fatto è che il racconto non ha una morale, non procede attraverso la classica struttura "Situazione di partenza – squilibrio della situazione – punto di svolta – epilogo/scioglimento". Non c’è niente di tutto ciò, solo una vicenda apparentemente normale che, nello stesso tempo, ha qualcosa di paradossale.
Un uomo osserva dalla finestra del soggiorno i propri mobili sistemati in bell’ordine nel giardino. Due ragazzi che desiderano arredare la propria casa cominciano a contrattare con lui la vendita di alcuni oggetti. L’uomo, mette un disco su un vecchio giradischi e chiede ai ragazzi di ballare.
Si procede attraverso una nuda descrizione di fatti, senza comprenderne il perché di nessun avvenimento, come se il lettore fosse improvvisamente proiettato sul luogo in cui si svolge la scena e chiamato ad assistere a ciò che accade senza sapere niente né di prima né di dopo quei fatti. La sensazione di straniamento che si avverte è molto forte, simile a quella di certi film di Kiarostami, in cui i protagonisti compiono azioni apparentemente immotivate e incomprensibili allo spettatore.
Ma, forse, l’avvertimento che Carver vuol dare al lettore è: non stare sempre a chiederti perché. Porsi troppo spesso quella domanda è il modo migliore per rovinarsi la vita. I protagonisti del racconto sembrano al contrario vivere un’esistenza serena, assecondando il proprio destino senza tentare di opporsi. Che sia forse questa la ricetta della felicità?
Se volete mettere alla prova la vostra capacità di cambiare punto di vista sulla vita e sul mondo, allora Carver è l’autore che fa per voi.

Pubblicato in Letture | Contrassegnato | 3 commenti

AUGURI E LETTURE!

Un milione d’auguri per un felice Natale e un milione di buone letture per il 2008 da biblos ai suoi tre (quattro?) lettori e visitatori.

Pubblicato in Intermezzo | Lascia un commento

CONSIGLI PER L’ESTATE (PROSSIMA)

“Papà Goriot” di Honoré de Balzac (Sansoni)

L’estate, si sa, porta con sé tempi lunghi, adatti a meditazioni e riscoperte. Se non fosse per il gran caldo che continua a tormentarci da qualche anno, potrei senz’altro considerarla la mia stagione preferita.
Del resto, perché non preferire alle altre una stagione che ti offre tutto il tempo che vuoi per dedicarti al tuo sport più amato? Perché, è inutile fingere di ignorarlo, la lettura è un vero e proprio sport per la mente.
A cosa giova, del resto, trascorrere ore in palestra per scolpire il proprio fisico, quando poi la mente rimane inesorabilmente vuota, per oggettiva mancanza di tempo e, aggiungo io, di volontà? E poi, lo sport non è divertimento, diletto, passatempo? Nessun lettore può negare che è proprio quello che la lettura è capace di dargli. 
Riguardo alla sterminata platea dei non lettori, l’invito a dedicarsi di tanto in tanto anche a questo sport è quanto meno pressante. Il non-lettore, avendo riscoperto in lui, anche solo per qualche ora, il lettore di un tempo, al termine della sua fatica si sentirà rigenerato, persino un’altra persona, diversa da quella che era prima. Provare per credere.
Quanto a me, che lettore lo sono sempre stato, e mi auguro di restarlo per parecchio tempo, non trovo migliore esercizio mentale di quello di affrontare la lettura dei classici. “Classici”: ecco una parola da non pronunciare mai di fronte ad un non-lettore. Di colpo sentirà salire in lui quell’ansia che lo prendeva quando a scuola il professore diceva: “Aprite il libro a pagina…”. Il libro in questione era, naturalmente, un classico, che veniva immancabilmente analizzato, nello stile e nella struttura del periodo, vivisezionato, commentanto, infarcito di note a margine, tanto che alla fine se ne andava del tutto il gusto di leggerlo.
Per il non-lettore il classico è un incubo ricorrente, spesso la causa prima dalla quale è nata la sua vocazione di non-lettore.
Il lettore “forte”, al contario, mangia letteralmente “classici” a colazione, pranzo e cena, non trascurando mai a questo proposito il piccolo vezzo di dire che lui il classico lo sta “rileggendo”. Come se non averlo letto fosse una macchia indelebile sul suo onore di lettore. Ammetto, personalmente, di non averne letti parecchi di questi classici, pilastri della letteratura mondiale, ma devo dire che al tempo stesso sono quasi felice di non averli letti in un’età in cui sarei potuto arrivare al punto di detestarli e persino ad odiarli. Ci vuole tanto esercizio per permettersi di affrontare un classico, come ci vuole tanto allenamento per correre la maratona di New York.
Debitamente allenato, attraverso la lettura di non-classici o di probabili futuri classici, l’estate scorsa ho cominciato ad affrontare in maniera sistematica l’opera di un grande dell’Ottocento francese, Balzac. Come tanti altri, immagino, mi ero limitato finora ad assaggiarlo, degustandone alcune pagine qua e là, dalle quali mi ero già reso conto dell’inevitabilità di incontrarci in un futuro prossimo.
 Del libro, al termine della lettura, mi sono rimaste impressioni molto vivide, soprattutto quelle delle pagine che descrivono ambienti e personaggi. Sono queste le pagine in cui l’autore dà il meglio di sé, seconde soltanto a quelle dei dialoghi tra i personaggi, pagine perfette e stilisticamente ineccepibili. Quando si tratta, però, di rappresentare l’azione, Balzac lo fa come se fosse una inevitabile seccatura, un dovere da assolvere nei confronti del lettore, che, per il solo fatto di acquistare il suo libro, ha diritto ad una trama da poter raccontare nel corso di una conversazione da salotto.
Quanto ai personaggi, di alcuni dei quali lo scrittore sembra proprio subire il fascino, ce ne sono di quelli che non sfigurerebbero affatto in una “Commedia Umana” ambientata in questi tempi. Il più inattuale rimane certamente quello che dà il titolo al libro, quel papà Goriot che immola sull’altare della vanità e della dedizione alla causa delle figlie il suo patrimonio e persino la sua stessa vita. Difficile immaginare genitori simili tra i nostri contemporanei. Un libro che, nonostante il tempo trascorso, rimane di sconvolgente attualità, con personaggi da amare e detestare al tempo stesso, e nel quale nobildonne e arrivisti sono degni antenati e precursori di calciatori e veline.
Perché leggere i classici? Per rispondere a questa domanda, prendo in prestito le parole di Italo Calvino: “I classici sono libri che quanto più si crede di conoscere per sentito dire, tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti”.
Un consiglio, dunque, come sempre a conclusione: la prossima estate, provate a riprendere in mano uno di quei libri che avete sempre odiato, perché avete dovuto “studiarli” a scuola, e limitatevi semplicemente a “leggerli”. Scoprirete che voi, e loro, siete cambiati.

Pubblicato in Letture | Contrassegnato | Lascia un commento

Valore del blog …


My blog is worth $6,774.48.
How much is your blog worth?

Pubblicato in Intermezzo | Lascia un commento

PRESENTE!

Dov’è finito biblos? Forse qualcuno dei miei tre lettori se lo starà chiedendo. Voglio tranquillizzarli, innanzi tutto sulla mia salute, che continua a rimanere discreta. La realtà è che la vita di tutti i giorni mi ha di nuovo inghiottito, con tutti i suoi piccoli impegni, contrattempi, fastidi e altre amenità, che ognuno di noi conosce per averle sperimentate di persona. Dunque, se trovo ancora il tempo per leggere, magari a notte fonda, spesso prima di addormentarmi, non trovo più quello per scrivere. Penso sempre con una certa angoscia a chi viene a visitarmi, con la speranza di leggere qualche novità che possa a sua volta stimolarlo ad approfondire la sua amicizia con un autore, classico, moderno, contemporaneo, grande o piccolo che sia. Intanto, saluto e ringrazio chi, per caso o per libera scelta, capita da queste parti. Aspettatemi, comunque: torno subito!

Pubblicato in Intermezzo | Lascia un commento

CHE STRANO VIAGGIO, LA VITA!

“Anatomia dell’irrequietezza” di Bruce Chatwin (Adelphi)

"Ecco una persona che mi piacerebbe conoscere", avevo pensato, quando lungo il mio itinerario di lettore errante avevo incrociato per caso Bruce Chatwin. Avevo appena terminato di leggere "Che ci faccio qui?", poco dopo avrei iniziato la lettura di "Utz". Per il capitalista di massa, l’homo habens, Chatwin potrebbe dare l’impressione di essere il cantore dell’inutilità, soprattutto se conosciuto solo attraverso i due libri citati. Cosa c’è di più inutile, infatti, per chi nella sua esistenza antepone quotidianamente i miti dell’avere a quelli dell’essere, se non vagabondare senza meta e, soprattutto, senza profitto, nei posti più sperduti del mondo? Cosa c’è di più inutile che tentare di salvare, in mezzo ai continui rivolgimenti della Storia, una rara e preziosa collezione di porcellane di Meissen?
Chatwin, grande viaggiatore e altrettanto grande esperto d’arte, ha attraversato la vita per farsi portatore di un messaggio: la strada verso la libertà dell’uomo passa attraverso le porte della conoscenza e della bellezza. Viaggiatore disincantato e capace di subire il fascino dei luoghi al tempo stesso, appartiene a quella ristretta schiera di persone che ha dedicato l’intera esistenza "a divenir del mondo esperto / e de li vizi umani e del valore", scelta tanto più difficile quando la maggior parte dei suoi pari pensava a costruirsi solidi imperi economici, da lasciare in eredità ai propri figli.
L’eredità di Chatwin è ben più grande, fa parte di quei tesori che né i ladri potranno mai rubare né la ruggine potrà mai corrompere. I suoi eredi appartengono all’intera umanità.
Le nostre vite non si sono, purtroppo, mai incrociate se non lungo il cammino ideale della conoscenza. Bruce Chatwin è partito anzi tempo per l’estremo dei suoi molti viaggi. Non ha voluto, però, lasciarci senza un ultimo saluto, uno sguardo indiscreto dentro la sua anima, della quale ha voluto rivelarci alcuni tra i più intimi segreti.
"Anatomia dell’irrequietezza" è un libro postumo, una collazione di scritti di diverse epoche e su diversi argomenti, capace di gettare più di una luce sul personaggio Chatwin. In uno stile elegante, senza essere eccessivamente ricercato, l’autore descrive il suo rapporto con il viaggio, con l’arte e con i libri, ragioni ideali della sua esistenza.
Essenziale, per chi, come me, ama Bruce Chatwin, illuminante per chi non ha ancora avuto la fortuna di incontrarlo.

Pubblicato in Letture | Contrassegnato | Lascia un commento

AS TIME GOES BY

“La sonata a Kreutzer” di Lev Tolstoj (Mondadori)

“Tempora mutantur et nos mutamur in illis”, ricorda l’antico poeta latino. Il tempo che passa cambia e trasforma ogni cosa, noi compresi E’ strano osservare come, a volte, si arriva a comprendere, seguendo strade insolite e attraversando esperienze ordinarie, quanto il trascorrere del tempo ci abbia cambiato. Questa ovvia e forse un po’ scontata riflessione nasce a margine della rilettura di uno dei piccoli capolavori di Tolstoj, “La sonata a Kreutzer”, che mi aveva fortemente impressionato, quando lo avevo letto per la prima volta, ben più di trenta anni fa.
A quell’epoca, forse sotto l’influsso di atmosfere e pulsioni dell’età giovanile, mi ero fatto l’idea di un racconto impregnato di romanticismo e di passionalità carnale. Durante la lettura ho distintamente avvertito il distacco da quei tempi, come se li avesse vissuti un altro me stesso, al quale sento che mi lega un rapporto che si va facendo di giorno in giorno più labile.
Certamente, avevo conservato del libro un ricordo idealizzato, che, alla fine, si è rivelato in gran parte inesatto. Depurate dal trascorrere del tempo tutte le scorie, rappresentate dalle motivazioni ideologiche e filosofiche della cronaca di un dramma familiare, avevo interiorizzato il racconto come una storia di amore e passione, con tragedia finale, un “dramma della gelosia” di fine Ottocento, insomma.
“La sonata a Kreutzer” narra la storia di un uomo, che arriva ad uccidere in maniera efferata la moglie e il suo presunto amante, per averli sorpresi a suonare, lei pianista e lui violinista, quella musica che dà il titolo al racconto, una musica nella quale il marito (e lo stesso Tolstoj) ravvisa una fortissima componente erotica. Un gesto eccessivo, dettato però da un’idea personalissima e, aggiungerei, alquanto distorta del rapporto coniugale, visto dall’autore dell’opera come fonte di tentazione, di colpa e di peccato. 
Assolto in tribunale dal duplice delitto, perché i giudici accolgono la tesi del tradimento da parte della moglie, e del conseguente delitto d’onore, sostenuta dalla difesa, non riesce a darsi pace per non essere stato capace, alla fine, di spiegare il vero significato del suo gesto.
Il racconto è emblematicamente introdotto da una citazione del Vangelo di Matteo, che ne anticipa e al contempo ne sottolinea la tematica. “Ma io vi dico che chiunque avrà guardato una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”. Aperto da una lunga discussione sul tema del matrimonio, alla quale prendono parte i passeggeri di un treno nel corso di un lungo viaggio, il racconto del protagonista si dipana per la maggior parte delle circa centoquaranta pagine lungo le quali si sviluppa la vicenda.
A queste, Tolstoj volle aggiungere un poscritto, spinto soprattutto dalle continue richieste di chiarimenti rivolte all’autore da parte dei lettori dell’epoca. La lettura di questo breve saggio è stata ancora più sconcertante di quella del racconto stesso. Attingendo a qualche sbiadito residuo di ricordi dell’epoca, ho immaginato che, una volta terminata la lettura della prima parte, quella del racconto, appunto, devo essermi limitato a riporlo su uno scaffale, giudicando poco interessante, forse addirittura noiosa, l’aggiunta che l’autore aveva voluto fare.
Considerarlo uno schiaffo al matrimonio è dire poco. Tutta l’opera è un pamphlet contro il matrimonio in generale e il rapporto di coppia in particolare, visto come fonte prima di peccato. ”L’autentica depravazione consiste proprio nel liberarsi da qualsiasi rapporto morale con la donna con cui si ha una relazione fisica”, dice ad un certo punto il protagonista.
L’esaltazione religiosa dell’autore, che lo spinge ad estremizzare il senso del messaggio evangelico, è senza dubbio frutto della profonda crisi etico-religiosa che stava attraversando nel momento della realizzazione di quest’opera e può giustificare, anche se solo in parte, i toni apocalittici del saggio finale. Nella sua radicata convinzione dell’assoluta immoralità del matrimonio, Tolstoj arriva persino a cercare e trovare nel Vangelo elementi per affermare che non esistono i presupposti per l’istituzione del matrimonio. Difficile poter dire cosa poi abbia visto Tolstoj di tanto demoniaco nel matrimonio, altrettanto difficile poter ipotizzare sulla base di quali esperienze possa essere giunto a conclusioni così amare e, soprattutto, così radicali. Difficile, persino, immaginare un dramma personale così sconvolgente da spingere l’autore verso una visione tanto pessimistica e tanto estrema del rapporto di coppia.
Se avete intenzione di sposarvi, o se lo siete già, non leggetelo, o piuttosto, leggetelo come cura ed antidoto ad una qualche forma di insostenibile gelosia, dalla quale, come accade alla maggior parte degli esseri umani, potreste essere affetti. La lettura, come sempre del resto, non potrà farvi che bene.

Pubblicato in Letture | Contrassegnato | 1 commento

SEMPLICE SIMENON

“Cargo” di Georges Simenon (Mondolibri)

Dici Simenon e pensi Maigret, dici Maigret e pensi Simenon, non immagini neppure che possano esistere dei Simenon senza Maigret. Invece, quando meno te l’aspetti, ecco la sorpresa, un libro senza delitti (forse?) né castighi, senza indagini né indagati, un libro qualunque, diresti. Perché Simenon, senza giallo, non è più lo stesso, o almeno è questo che credi.
D’accordo, questo libro è stato scritto quando ancora Simenon non era quello che è universalmente conosciuto, il signore del giallo d’atmosfera, però Simenon c’è e lo dimostra.
La scelta di un protagonista abulico, quasi paralizzato, timoroso di influenzare le vite degli altri e l’andamento del mondo intero con una sua seppur minima azione non è estranea a quella che potremmo definire la  “poetica” dello scrittore, belga d’origine ma non di cultura. Del resto, anche lo stesso Maigret, più che il poliziotto tutto muscoli e poco cervello, è soprattutto un fine psicologo, un profondo indagatore dell’animo umano, portato ad agire solo quando e se costretto dalle circostanze.
Il protagonista di questo romanzo, Jef, sembra maggiormente ispirato da analoghi personaggi di certi racconti di Joyce, smaniosi di cambiare in qualche modo il proprio destino ma incapaci, al momento opportuno, di agire, paralizzati e succubi degli avvenimenti. Una storia amara quella di Jef, trascinato suo malgrado, attraverso tre continenti, in situazioni che finiscono sempre per sfuggire completamente al suo controllo.
L’indifferenza è il sentimento più rappresentato attraverso i vari personaggi, un’indifferenza e un’incapacità di sapersi costruire il proprio destino con le sue stesse mani. che finisce sempre per travolgere il protagonista, un personaggio quasi ottocentesco, che potrebbe ben figurare in qualche romanzo di Dostoevskij ("L’idiota", ad esempio).
Nel corso della storia, cambia il paesaggio, cambia l’ambiente, intristito dalla presenza costante della pioggia, che accresce la monotonia delle vicende e la solitudine del protagonista. Non cambia, invece, il nostro personaggio, sempre così indifferente alla vita che lo circonda, alla quale lo tiene legato uno strano rapporto con un bambino, di cui accetta i vincoli della paternità, pur essendo certo di non esserne il padre.
Incapace di amare ma anche di agire, invidia agli altri la capacità di compiere gesti. L’unico che compie alla fine del romanzo, sull’onda di un sentimento istintivo di abbandono e di ribellione , finisce per essergli fatale.
In questa storia, Simenon, dunque, c’è, e si avverte tutta la sua presenza in ogni pagina. Il segreto dello stile di Simenon è la semplicità, l’assoluta assenza della frase ad effetto, il rifiuto programmatico del colpo di scena. Raccontare la vita così com’è, è il fine ultimo che si propone; anche quando potrebbe subire l’influsso di insolite atmosfere esotiche, rimane sempre fedele a se stesso. A chi ama Simenon, un consiglio: non perdetelo.

Pubblicato in Letture | Contrassegnato | Lascia un commento

VACANZA E VACANZE

Quest’anno le vacanze della mente sono durate un po’ più di quelle del corpo. Non che siano mancati del tutto stimoli ed interessi in grado di sollecitare reazioni e suscitare nuove opinioni, direi piuttosto che mi sono concesso una “pausa di riflessione”. Avevo bisogno di staccare un po’, di creare una discontinuità tra la mia esperienza, di malato prima e di convalescente poi, e quella di un normale vissuto quotidiano, una specie di reinserimento nella vita di tutti i giorni, lavoro compreso. Per questo ho lasciato che i pensieri e le riflessioni si accumulassero nella memoria, senza trasporli sulla pagina bianca, virtuale o reale poco importa. Sono mancato, spero, ai miei quattro fedelissimi lettori, ma, soprattutto, sono mancato a me stesso. Certo, ho letto, ho letto molto, non mi sono fatto mai mancare il sottile piacere di sfogliare le pagine, sentirle frusciare sotto le dita, seguire il filo di un’ ininterrotta conversazione con me stesso.  Ed è proprio di questo che riprenderò a parlare: dei miei libri. Presto, non dubitate… 

Pubblicato in Intermezzo | Lascia un commento

RAGIONEVOLI DUBBI

“Ragionevoli dubbi” di Gianrico Carofiglio (Sellerio)

A volte, avverto la strana sensazione di essere un “serial reader”, per come affronto in sequenza le opere di un singolo autore, non sempre con un ordine preciso, come potrebbe essere, ad esempio, la data di pubblicazione, ma spesso fino al quasi totale esaurimento dei libri che quell’autore ha prodotto fino allora. Per fortuna, ogni tanto qualcosa che trovo nel libro che sto leggendo, o che mi colpisce durante una conversazione, o durante la lettura di un quotidiano o di un settimanale, mi invita a prendere una strada diversa; in questi casi, saluto il mio occasionale compagno di viaggio del momento, per andare alla ricerca di nuove avventure nello sterminato impero delle lettere, lasciando sempre aperta al caso la possibilità di poterci incontrare di nuovo, un giorno o l’altro.

Come spesso accade con le persone incontrate durante una vacanza, o in qualche circostanza drammatica che ci ha accomunato, sul momento si stringe un’amicizia, che sembra poter reggere al tempo e alla distanza. Poi però, col passare dei giorni e con il ritorno alla normalità, finiamo per dimenticarci di tutto e di tutti, per tornare a pensare quasi esclusivamente ai fatti nostri.

Con Carofiglio, un conoscente, sempre sul punto di diventare amico, incontrato nel corso di una delle mie abituali “vacanze dello spirito”, è quasi accaduto questo. Dico “quasi”, perché, dopo aver affrontato in rapida successione i tre volumi che hanno per protagonista l’avvocato Guerrieri, i miei interessi si sono rivolti verso altri autori, che conoscevo già, o che mi sono stati fatti conoscere da altri lettori amici.

Si sa, tra lettori ci si intende e, soprattutto, ci si influenza. Il lettore ondivago, forse perché sento di appartenere maggiormente a questa categoria, è sempre da preferire al lettore monolitico, che si interessa magari soltanto di saggistica, o di storia medievale o di romanzi gialli o rosa. Il lettore ondivago riassume e condensa in sé decine, centinaia di questi lettori monolitici, coltiva, attraverso la lettura, interessi nei più disparati settori, concedendo al suo spirito periodi di vacanza frequenti e non necessariamente brevi.

Tornando al punto focale del discorso, cioè al mio rapporto temporaneamente interrotto con Carofiglio, il fatto di aver ritrovato sulla mia scrivania un libro, che avevo già letto, ma del quale non avevo ancora parlato, “Ragionevoli dubbi”, appunto, mi ha fatto ritornare in mente lo scrittore e le belle ore trascorse insieme. Mi chiederete allora perché non ne ho parlato prima.

Me lo sono chiesto anch’io e, dopo aver riflettuto a lungo su questo “atto mancato”, sono arrivato alla conclusione che il motivo non dipende dalla qualità dell’opera dello scrittore, peraltro sempre apprezzabile, quanto, piuttosto, da qualcosa contenuto nelle vicende che si narrano nel libro. È stato quel personaggio inquietante, l’ex picchiatore fascista, che sembra aver ossessionato l’esistenza dell’avvocato Guerrieri, che mi ha tenuto lontano dal parlare del libro.

Il conflitto interiore dell’avvocato Guerrieri – e, aggiungerei, dello stesso Carofiglio – se accettare o meno l’incarico di difendere un simile personaggio, potrebbe essere, in qualche modo, il mio conflitto interiore in una situazione analoga.

Credo che a molti della mia generazione sia capitato di incontrare, loro malgrado, picchiatori di entrambe le fazioni politiche, personaggi allora sulla cresta dell’onda ma che, nel tempo, avrebbero finito per pagare, per quella fase della loro tormentata esistenza, spesso molto più del dovuto.

Non conservo, al contrario dell’avvocato Guerrieri, particolari traumi, seguiti ad incontri indesiderati con personaggi simili, piuttosto è stato il loro modo di operare che non ho mai condiviso e, soprattutto, l’inversione a centottanta gradi che molti di loro hanno compiuto nel corso della loro vita successiva. Non ho apprezzato mai particolarmente chi ha fatto della sua prestanza fisica uno strumento per offendere, commettendo soprusi, soprattutto verso i più deboli, piuttosto che usarla come strumento per difendere.

Carofiglio parla delle vicende come se le avesse vissute in prima persona e, forse, attraverso la scrittura è riuscito ad elaborare il dolore per qualche violenza subita, o semplicemente temuta.

Un libro che aiuta a riflettere sul tempo che passa e sulla vita, proponendo all’attenzione del lettore “ragionevoli dubbi. Per questo, un libro da leggere,consigliato soprattutto ai lettori della mia generazione, perché fa pensare a cosa eravamo, un tempo, e a cosa siamo, oggi.

Pubblicato in Letture | Contrassegnato | 1 commento