È vicino, lo sento, sta per arrivare. Lo capisco da come le strade si fanno di giorno in giorno, di ora in ora, di minuto in minuto, sempre più intasate di gente, intrappolata dentro auto che vagano da un posto all’altro della città, alla disperata ricerca di un parcheggio. Una volta abbandonata la vettura in un luogo qualunque, purché vicino al negozio che si desidera visitare, s’inoltrano nelle strade deputate al rituale degli acquisti, attesi dal negoziante come il cacciatore attende i tordi da impallinare nel suo capanno di frasche.
Ecco che, come ogni anno, si affaccia incombente il Natale, con tutto il suo contorno di mitologie e liturgie. C’è un rito, o meglio una serie di riti, da celebrare: il cenone della Vigilia, e poi il pranzo di Natale, con i loro piatti tipici: capitone, torrone, panettone. Chissà perché le parole che si usano in queste occasioni finiscono tutte in “one”, forse perché tutto deve essere più grande, esagerato, fuori misura. C’è persino un po’ di compassione per gli altri in occasione del Natale, un po’ più di carità, ma solo perché, di fronte a tanto spreco, riusciamo ancora a vergognarci appena un po’ di noi stessi.
Anche i più pigri ed i più restii ad abbandonare il tepore del caminetto e l’abbraccio della poltrona, inevitabilmente avvertono dentro di sé lo spirito del Natale, uno spirito che li rende, all’improvviso, più.
Il Natale rende più buoni, dice l’anima candida che trova la bontà dappertutto, in un mondo dove per quasi tutto l’anno ognuno mostra all’altro i denti e il coltello. Sarà anche vero, ma qualche dubbio legittimo rimane, guardando i nostri simili che si accapigliano per l’ultimo panettone in offerta speciale, brandendo minacciosi ombrelli e borsette e alzando i pugni sopra la testa del contendente.
Il Natale rende più solidali, sostiene il volontario, e spera che questo pensiero si avveri, che questo spirito si diffonda tra la folla che si accalca davanti ai banconi della gastronomia, spendendo per i pranzi e le cene di due giorni cifre con le quali una famiglia del terzo mondo potrebbe vivere tranquillamente per un paio d’anni. Non la pensa così il disabile, che trova invariabilmente il posto a lui riservato nel parcheggio già occupato da mostruosi dinosauri, fuoristrada e SUV, dai quali scende invariabilmente la signora ingioiellata e impellicciata.
Il Natale rende più irascibili, dice l’automobilista alla ricerca di un posto dove lasciare l’auto prima di inoltrarsi nei recessi del centro commerciale, all’inseguimento di un regalo da poter scambiare con amici, parenti e conoscenti, sperando di non avere speso troppo per il cugino che non si vede mai tranne a Natale e che l’anno scorso, a fronte di un regalo da trenta euro si è presentato con un pacchettino del valore al massimo di cinque.
Il Natale rende più tristi, pensa la ragazza romantica, il cui fidanzato non tornerà per le feste, perché impegnato in missioni umanitarie. Intanto, però, continua a guardarsi intorno, sperando di incontrare, così, per caso, l’amico del fidanzato, che sicuramente sarà impegnato nella disumana missione di trascinarsi appresso le dozzine di pacchi, pacchetti e pacchettini della signora agée ma danarosa, alla quale sta prestando la sua opera di personal shopper.
Il Natale rende più str…ani, sostengo io, mentre il solito automobilista prepotente, incurante di tutte le norme, da quelle della circolazione stradale a quelle della buona educazione e del buon senso, mi taglia la strada, con il rischio di provocare un incidente, per parcheggiare proprio nel posto dove stavo per entrare.
Il Natale rende meno, si lamenta invece il bottegaio, fregandosi le mani per il freddo, costretto dalla crisi a risparmiare anche sul riscaldamento, e intanto ricorda i bei tempi andati, quando il Natale rendeva più, e allora tutti si fregavano le mani, ma per la soddisfazione di veder entrare nel cassetto banconote di grosso e medio taglio.
Così, come ogni anno, il Natale arriva, e non è né migliore né peggiore dei Natali passati, solo diverso, come diversi siamo noi che lo viviamo. Buon Natale!