Dedicata alla città che mi ha accolto e alla quale appartengo
Da Piazza Grande scendevo una sera verso San Martino
Sotto un cielo carico di nuvole e di oscuri presentimenti
Un vento gelido e selvaggio sferzava le pietre dei palazzi
Con quella rabbia feroce che solo il vento riesce a provare
Contro le cose che non amano arrendersi alla sua inflessibile volontà
Qualche luce ancora accesa ai piani bassi rischiarava le pietre
Di bianco calcare, tratte a forza dalle viscere della terra
Rari passanti in lontananza scomparivano dietro angoli o porte
La notte che calava in fretta mi sorprese in strada solo
Mentre un’ansia smaniosa di rincasare mi assaliva improvvisa
Apparve a un tratto, sulle mura bianche del Palazzo del Bargello
Mi sorprese, non so come, l’impronta di un’antica bellezza
Invisibile all’occhio ma chiara e certa alla mia mente
L’immagine di una nobile grandezza, antica quanto l’uomo
Che pensa al mondo che sarà oltre se stesso e il suo tempo
Durò un istante ma il ricordo si infisse nella mente
Ed ancora adesso ogni volta ritorna ad agitare il mio pensiero
Quando nel cielo limpido una piccola nube appare all’orizzonte
E il vento soffia piano dal verde monte alla stretta pianura
Cullando le voci della storia sopra le torri e i tetti delle case