"Una finestra vistalago" di Andrea Vitali (Mondolibri)
A costo di sembrare ripetitivo, torno per l’ennesima volta a parlare di quello che chiamo lo "stile Vitali". E’ uno stile narrativo che, come credo di aver detto altre volte, apprezzo particolarmente, per la sua sobrietà e, soprattutto, per la sua precisione, quell’esattezza che hanno praticato, e di cui hanno tessuto le lodi, scrittori del calibro di Calvino, Borges e, prima ancora, dei grandi romanzieri francesi dell’Ottocento, tra cui giganteggia Balzac.
Ora, non ho la pretesa – né, tanto meno, credo che l’abbia lo stesso Vitali – di includere il pur bravo scrittore nel novero di questi grandi, ma credo che scegliersi dei modelli di riferimento per il proprio stile narrativo possa giovare moltissimo, all’autore in particolare e alla narrativa in genere.
La vicenda che viene narrata nel romanzo è di una semplicità sconvolgente, pur nella complessità dell’intreccio. Attraverso la figura del protagonista, viene rievocato quel periodo della storia del nostro Paese che va dagli anni Cinquanta agli anni Settanta. Pur osservando il mondo da un punto di vista ristretto, come può essere quello del piccolo centro lacustre di Bellano, Vitali riesce a rendere universali le sue storie, veri e propri "racconti morali", in cui il gesto conta quanto i principi che lo ispirano.
In Bellano si raffigura tutta l’Italia di quegli anni, con i cambiamenti e, a volte, gli stravolgimenti, che la trasformazione di una società agricola in una industriale ha operato sulla cultura e sugli stili di vita del nostro paese.Molti dei malesseri e dei vizi, di cui soffre la nostra attuale società, hanno radici proprio in quell’epoca.
Ho acquistato questo libro sapendo che il tempo dedicato alla sua lettura non sarebbe stato sprecato. Al contrario, alla fine sono rimasto, ancora una volta, piacevolmente sorpreso di come l’autore, con poche parole, riesca a delineare i contorni di un personaggio o di un ambiente. Gli ingredienti, quelli di una grande "cucina" letteraria, sono semplici, eppure la loro combinazione produce un racconto perfettamente riuscito, un "piatto" equilibrato e, soprattutto, digeribile, tanto per continuare la metafora culinaria.Le pagine calibrate, di una scrittura attenta e sorvegliata,stimolano il piacere di continuare la lettura ininterrottamente, per giungere all’ineludibile parola "fine", che vorremmo, tuttavia, non arrivasse mai.
Vorrei che lo stile “Vitali” si estendesse a macchia d’olio, come un contagio, e raggiungesse certi scrittori di best seller, dai contratti milionari, che si direbbero pagati un tanto a riga, e che, forse proprio per questo motivo, infarciscono i loro libri di parole, di cui spesso si potrebbe fare volentieri a meno, senza peraltro cambiare il senso della frase. Ma, si sa, un best seller che si rispetti, deve superare almeno le quattrocento pagine.
Consiglio questo libro a chiunque, soprattutto a chi fa della mancanza di tempo un pretesto per non aprire neppure il canonico libro all’anno. Da leggere, anche al mare o in montagna, per cercare di riconciliarsi, magari definitivamente, con la lettura.
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