“La sonata a Kreutzer” di Lev Tolstoj (Mondadori)
“Tempora mutantur et nos mutamur in illis”, ricorda l’antico poeta latino. Il tempo che passa cambia e trasforma ogni cosa, noi compresi E’ strano osservare come, a volte, si arriva a comprendere, seguendo strade insolite e attraversando esperienze ordinarie, quanto il trascorrere del tempo ci abbia cambiato. Questa ovvia e forse un po’ scontata riflessione nasce a margine della rilettura di uno dei piccoli capolavori di Tolstoj, “La sonata a Kreutzer”, che mi aveva fortemente impressionato, quando lo avevo letto per la prima volta, ben più di trenta anni fa.
A quell’epoca, forse sotto l’influsso di atmosfere e pulsioni dell’età giovanile, mi ero fatto l’idea di un racconto impregnato di romanticismo e di passionalità carnale. Durante la lettura ho distintamente avvertito il distacco da quei tempi, come se li avesse vissuti un altro me stesso, al quale sento che mi lega un rapporto che si va facendo di giorno in giorno più labile.
Certamente, avevo conservato del libro un ricordo idealizzato, che, alla fine, si è rivelato in gran parte inesatto. Depurate dal trascorrere del tempo tutte le scorie, rappresentate dalle motivazioni ideologiche e filosofiche della cronaca di un dramma familiare, avevo interiorizzato il racconto come una storia di amore e passione, con tragedia finale, un “dramma della gelosia” di fine Ottocento, insomma.
“La sonata a Kreutzer” narra la storia di un uomo, che arriva ad uccidere in maniera efferata la moglie e il suo presunto amante, per averli sorpresi a suonare, lei pianista e lui violinista, quella musica che dà il titolo al racconto, una musica nella quale il marito (e lo stesso Tolstoj) ravvisa una fortissima componente erotica. Un gesto eccessivo, dettato però da un’idea personalissima e, aggiungerei, alquanto distorta del rapporto coniugale, visto dall’autore dell’opera come fonte di tentazione, di colpa e di peccato.
Assolto in tribunale dal duplice delitto, perché i giudici accolgono la tesi del tradimento da parte della moglie, e del conseguente delitto d’onore, sostenuta dalla difesa, non riesce a darsi pace per non essere stato capace, alla fine, di spiegare il vero significato del suo gesto.
Il racconto è emblematicamente introdotto da una citazione del Vangelo di Matteo, che ne anticipa e al contempo ne sottolinea la tematica. “Ma io vi dico che chiunque avrà guardato una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”. Aperto da una lunga discussione sul tema del matrimonio, alla quale prendono parte i passeggeri di un treno nel corso di un lungo viaggio, il racconto del protagonista si dipana per la maggior parte delle circa centoquaranta pagine lungo le quali si sviluppa la vicenda.
A queste, Tolstoj volle aggiungere un poscritto, spinto soprattutto dalle continue richieste di chiarimenti rivolte all’autore da parte dei lettori dell’epoca. La lettura di questo breve saggio è stata ancora più sconcertante di quella del racconto stesso. Attingendo a qualche sbiadito residuo di ricordi dell’epoca, ho immaginato che, una volta terminata la lettura della prima parte, quella del racconto, appunto, devo essermi limitato a riporlo su uno scaffale, giudicando poco interessante, forse addirittura noiosa, l’aggiunta che l’autore aveva voluto fare.
Considerarlo uno schiaffo al matrimonio è dire poco. Tutta l’opera è un pamphlet contro il matrimonio in generale e il rapporto di coppia in particolare, visto come fonte prima di peccato. ”L’autentica depravazione consiste proprio nel liberarsi da qualsiasi rapporto morale con la donna con cui si ha una relazione fisica”, dice ad un certo punto il protagonista.
L’esaltazione religiosa dell’autore, che lo spinge ad estremizzare il senso del messaggio evangelico, è senza dubbio frutto della profonda crisi etico-religiosa che stava attraversando nel momento della realizzazione di quest’opera e può giustificare, anche se solo in parte, i toni apocalittici del saggio finale. Nella sua radicata convinzione dell’assoluta immoralità del matrimonio, Tolstoj arriva persino a cercare e trovare nel Vangelo elementi per affermare che non esistono i presupposti per l’istituzione del matrimonio. Difficile poter dire cosa poi abbia visto Tolstoj di tanto demoniaco nel matrimonio, altrettanto difficile poter ipotizzare sulla base di quali esperienze possa essere giunto a conclusioni così amare e, soprattutto, così radicali. Difficile, persino, immaginare un dramma personale così sconvolgente da spingere l’autore verso una visione tanto pessimistica e tanto estrema del rapporto di coppia.
Se avete intenzione di sposarvi, o se lo siete già, non leggetelo, o piuttosto, leggetelo come cura ed antidoto ad una qualche forma di insostenibile gelosia, dalla quale, come accade alla maggior parte degli esseri umani, potreste essere affetti. La lettura, come sempre del resto, non potrà farvi che bene.
1 risposta a AS TIME GOES BY