Perché, anche questo faceva parte degli accordi che avevano preso, nel momento in cui erano stati certi dell’arrivo dell’artista. Suo figlio, aveva detto il sindaco, si sarebbe sposato con una cerimonia adeguata al prestigio della loro famiglia e di quella della sposa. Questo era ciò di cui aveva discusso a lungo con sua eccellenza il vescovo, prima di stabilire la ripartizione della somma che sarebbe stata raccolta nelle due serate di beneficenza. Il vescovo, all’inizio, era rimasto piuttosto perplesso per quell’insolita richiesta, ma poi aveva pensato che se Parigi era valsa una messa per un re di Francia, per di più protestante, allora poteva anche lui scendere a qualche piccolo compromesso con il sindaco, uomo di parte, ma soprattutto della parte avversa a quella di quasi tutti i suoi fedeli. Quando il sindaco gli aveva esposto la sua idea, al principio non aveva voluto credere alle proprie orecchie. Celebrare una funzione religiosa nella residenza comunale era quanto di più stravagante qualcuno avesse mai potuto concepire. Non sapeva, per caso, il signor sindaco, che certe cerimonie potevano tenersi esclusivamente nei luoghi deputati? E tra questi, non rientrava certamente il municipio, che era proprio l’opposto della casa di Dio, un luogo dove si imbrogliava, si fomentava l’odio, si insultava il prossimo, si mentiva, un luogo, insomma, assolutamente esecrabile e sicuramente sconsacrato. A questo punto il sindaco aveva tirato fuori il coniglio dal cilindro.