IN CERCA DI SE’

“La terra dei sogni” di Luca Carulli (Verdechiaro Edizioni)

È prassi consolidata che lo scrittore esordiente cerchi di ricavare materia per il primo racconto, o il primo romanzo, dalle esperienze quotidiane che vive o ha vissuto in un passato più o meno remoto. Parlare di ciò che si conosce meglio, per averne fatto esperienza diretta, è quello che consiglia ogni buon manuale di scrittura ed è questa la strada più agevole da imboccare per inoltrarsi nell’affollatissimo mondo delle lettere, nel quale  cercare, possibilmente, di ritagliarsi uno spazio autonomo e identificabile. Operazione, questa, in verità tutt’altro che facile, e si comprende bene la legittima soddisfazione che prova ogni scrittore quando riesce a raggiungere lo scopo.

Luca Carulli ha scelto di percorrere la strada del “racconto” di formazione, la brevità dello scritto non legittima la sua appartenenza alla categoria dei romanzi. Quanto le vicende narrate siano direttamente ispirate a fatti realmente accaduti all’autore, è dato saperlo essenzialmente a lui stesso, anche se è indubitabile che possa auto identificarsi col protagonista, un giovane lupo sognatore alla ricerca di sé. In effetti, solo dalla penna (o, più probabilmente, dal computer) di un sognatore poteva uscire una vicenda potenzialmente capace di emozionare altri sognatori di ogni età.

L’accostamento al Piccolo Principe di Saint-Exupery – si parva licet! – diventa quasi d’obbligo, tanto numerosi e frequenti sono i richiami che affiorano tra le righe, compreso un certo intento didascalico che non infastidisce. In mezzo a migliaia di pagine di letteratura che oscilla tra l’horror e lo splatter, certi passi del testo di Carulli appaiono quasi come il miraggio di un’oasi ristoratrice per lettori smarriti nell’arido deserto della letteratura fast-food. Il libro può essere facilmente gustato nella sua interezza in un pomeriggio di insistita lettura, ma risulta piacevole anche cogliere al volo o rileggere singole frasi o pagine scelte a caso.

Come ogni racconto per l’infanzia che si rispetti, il testo contiene frequenti iterazioni, ma il riaffiorare, qua e là, di frasi e brani già scorsi sotto gli occhi del lettore non genera un senso di fastidio, al contrario contribuisce a creare l’atmosfera da fiaba tipica di quelle narrazioni orali che non ci stancavamo mai di ascoltare da piccoli.

In chiusura, una modesta proposta sullo stile di scrittura, ineludibile per chi come me ama soprattutto l’esattezza geometrica della frase e del testo. La sensazione che si avverte, durante la lettura, è quella di parole e frasi sgorgate quasi di getto dalla mente dell’autore, una scrittura istintiva, immediata, che potrebbe vestirsi di abiti più ricchi e preziosi, se si trasformasse in scrittura razionale, riflessiva e meditata. Concedo che si tratta di un mio particolare punto di vista, un vero e proprio chiodo fisso, direi, e, forse, riflettendoci, un racconto come questo avrebbe molto da perdere dopo un’operazione di riscrittura che tenesse conto di queste mie ubbie. Una scelta più accurata di alcuni termini, non proprio di uso quotidiano, potrebbe comunque giovare alla scorrevolezza della lettura, e, soprattutto, consentirebbe di definire con maggior precisione il pubblico al quale il libro si rivolge.

Attendiamo Luca Carulli a nuove sortite nel mondo della letteratura, ormai il ghiaccio è rotto e si può anche salpare verso l’orizzonte, magari verso quella terra dei sogni che molti lettori trovano spesso tra le pagine dei buoni libri.

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