“Cargo” di Georges Simenon (Mondolibri)
Dici Simenon e pensi Maigret, dici Maigret e pensi Simenon, non immagini neppure che possano esistere dei Simenon senza Maigret. Invece, quando meno te l’aspetti, ecco la sorpresa, un libro senza delitti (forse?) né castighi, senza indagini né indagati, un libro qualunque, diresti. Perché Simenon, senza giallo, non è più lo stesso, o almeno è questo che credi.
D’accordo, questo libro è stato scritto quando ancora Simenon non era quello che è universalmente conosciuto, il signore del giallo d’atmosfera, però Simenon c’è e lo dimostra.
La scelta di un protagonista abulico, quasi paralizzato, timoroso di influenzare le vite degli altri e l’andamento del mondo intero con una sua seppur minima azione non è estranea a quella che potremmo definire la “poetica” dello scrittore, belga d’origine ma non di cultura. Del resto, anche lo stesso Maigret, più che il poliziotto tutto muscoli e poco cervello, è soprattutto un fine psicologo, un profondo indagatore dell’animo umano, portato ad agire solo quando e se costretto dalle circostanze.
Il protagonista di questo romanzo, Jef, sembra maggiormente ispirato da analoghi personaggi di certi racconti di Joyce, smaniosi di cambiare in qualche modo il proprio destino ma incapaci, al momento opportuno, di agire, paralizzati e succubi degli avvenimenti. Una storia amara quella di Jef, trascinato suo malgrado, attraverso tre continenti, in situazioni che finiscono sempre per sfuggire completamente al suo controllo.
L’indifferenza è il sentimento più rappresentato attraverso i vari personaggi, un’indifferenza e un’incapacità di sapersi costruire il proprio destino con le sue stesse mani. che finisce sempre per travolgere il protagonista, un personaggio quasi ottocentesco, che potrebbe ben figurare in qualche romanzo di Dostoevskij ("L’idiota", ad esempio).
Nel corso della storia, cambia il paesaggio, cambia l’ambiente, intristito dalla presenza costante della pioggia, che accresce la monotonia delle vicende e la solitudine del protagonista. Non cambia, invece, il nostro personaggio, sempre così indifferente alla vita che lo circonda, alla quale lo tiene legato uno strano rapporto con un bambino, di cui accetta i vincoli della paternità, pur essendo certo di non esserne il padre.
Incapace di amare ma anche di agire, invidia agli altri la capacità di compiere gesti. L’unico che compie alla fine del romanzo, sull’onda di un sentimento istintivo di abbandono e di ribellione , finisce per essergli fatale.
In questa storia, Simenon, dunque, c’è, e si avverte tutta la sua presenza in ogni pagina. Il segreto dello stile di Simenon è la semplicità, l’assoluta assenza della frase ad effetto, il rifiuto programmatico del colpo di scena. Raccontare la vita così com’è, è il fine ultimo che si propone; anche quando potrebbe subire l’influsso di insolite atmosfere esotiche, rimane sempre fedele a se stesso. A chi ama Simenon, un consiglio: non perdetelo.