“Morte di un medico legale” di P.D.James (Oscar Mondatori)
P.D.James appartiene di diritto a quella categoria di autori che potrebbero dedicarsi a qualsiasi genere letterario, tale è la loro abilità narrativa. La scelta di dedicarsi al genere “giallo” o detective story, come è più universalmente conosciuto, deve essere stata ispirata, senza dubbio, da una certa curiosità per i fatti della vita e dalla sua abilità nel saper cogliere, e restituire poi nella pagina scritta, anche i minimi dettagli di questi fatti.
Lo stile della James, come sempre, continua ad affascinare il lettore “evoluto”, quello particolarmente difficile da accontentare. Un buon lettore, in un giallo classico, riesce a terminare una pagina, al più, in un paio di minuti, senza poi tornarci sopra, seguendo unicamente il filo della vicenda. I libri della James, come quelli di ogni scrittore di razza, richiedono tempi ben più lunghi, se si vuole gustare a fondo la ricercatezza delle descrizioni ed apprezzare la ricchezza dei particolari.
Nessuna pagina è scontata o eccessiva, tutta la narrazione avviene in un tono pacato e familiare, come se fossimo seduti insieme alla narratrice accanto al caminetto, in una lunga e fredda sera d’inverno. La continua introspezione dei personaggi non infastidisce, né appesantisce la narrazione, a condizione che si consideri la lettura un piacere e non un obbligo da assolvere nel minor tempo e con il minor impegno mentale possibile.
Perché, questo va detto senz’altro, una lettura del genere richiede tempo. Chi ama leggere non va alla ricerca di primati da Guinness, non è interessato al rapporto tra lunghezza del libro e tempo di lettura, legge per il solo piacere di farlo.
Il fatto che sorprende maggiormente nella lettura di un giallo è il desiderio che avverte il lettore di ritornare su pagine già lette, provando, anche nell’occasione, il medesimo piacere e la stessa sorpresa della prima lettura. Oltre a questo, si apprezza anche la possibilità di abbandonare e poi riprendere in seguito la lettura, senza perdere nulla dell’atmosfera del romanzo. Bastano, infatti, poche righe, al massimo un paio di pagine, per sentirsi nuovamente immersi nella storia, come se ce ne fossimo appena staccati.
Della scrittura della James continua a colpirmi un uso quasi ridondante degli aggettivi. Ogni oggetto, ogni elemento del paesaggio o dell’abbigliamento di un personaggio, sono dettagliati con una scelta accurata di particolari, che danno maggior risalto alla trama, come i ricami che impreziosiscono un tappeto ben intessuto. Si avverte in ogni pagina della James uno sforzo, teso a rendere in tre dimensioni, e a colori vivaci, l’immagine altrimenti piatta dell’oggetto o del personaggio, descritto sulla carta nero su bianco.
Anche se il paesaggio è sempre ben delineato, attraverso una serie di dettagli che intendono renderlo familiare al lettore, la maggiore cura è dedicata al paesaggio interiore, quello dell’animo umano, infinitamente più vario e mutevole di quello della Natura.
La tesi del romanzo potrebbe semplicemente essere riassunta con una breve formula: “Anche chi ha a che fare con il crimine per motivi professionali, può essere a sua volta vittima di un crimine”. Ma, per saperne di più, suggerisco una lettura più completa del romanzo.
2 risposte a IL CALORE DEL GIALLO