IL VECCHIO CHE NON SCOMPARE. Si fa un gran parlare sui giornali e nelle televisioni del “nuovo che avanza”. C’è da osservare, intanto, che questa avanzata, vista almeno dalla prospettiva un po’ ristretta della mia modesta cittadina, non è poi così evidente. Qui le cose cambiano con ritmi estremamente blandi, e, a volte, mi viene fatto di pensare: per fortuna. Il frastuono dei media, almeno per certi elementi infiltranti, comunemente reputati segno di forte e sicura evoluzione, non riesce a far presa più di tanto. Fanno un po’ più presa certe mode insulse, delle quali di qui a qualche anno ci vergogneremo e le additeremo al pubblico disprezzo, negando ciascuno di averle mai praticate e frequentate. Insomma, con questo “nuovo” abbiamo a che fare solo marginalmente. C’è, tuttavia, un “vecchio che resta”, a volte sicuramente buono e segno di antica e persistente civiltà, ad esempio quel senso di solidarietà che accomuna un’intera popolazione nei lutti e nelle calamità, anche e soprattutto quando colpiscono il singolo. C’è poi, quasi a fare da contrappeso, un “vecchio”, retaggio dei tempi un cui ciascuno era indispensabile per le competenze che possedeva, all’intera comunità, che non poteva rifiutarsi di sottostare ai suoi imperativi e perfino alle sue angherie. Un vecchio che non ha più ragione di esistere nell’era della globalizzazione, quella che mette in crisi il negozietto rionale di frutta e verdura, incapace di reggere una concorrenza agguerritissima, che frequenta Internet e padroneggia le nuovissime tecnologie. La vendita e la distribuzione di frutta e verdura si avvalgono di canali come la rete e il corriere espresso DHL per vendere e far giungere sulla tavola di qualsiasi famiglia del nostro paese arance di Sicilia, vini sardi e formaggi di alpeggio lombardo. E’ naturale che, di fronte all’impatto dirompente di questi nuovi stili economici, il piccolo commerciante e il piccolo artigiano si oppongano strenuamente, incapaci di cavalcare lo tsunami che sta per spazzarli via. Ed ecco il vecchio che non se ne va: credere di essere ancora indispensabili e comportarsi come tali quando intorno una miriade di potenziali e agguerritissimi concorrenti incombe. Quindi, incapacità di gestire il cliente e le sue esigenze, ricorso a miseri trucchetti e furberie da piccoli truffatori: nessuna ricevuta per le proprie prestazioni, cifre esorbitanti per lavoretti di modesta entità, nessun prezziario per consentire al cliente di controllare la correttezza delle richieste, nessun preventivo per dare al cliente l’opportunità di fare le proprie scelte. Ecco, in sintesi, il vecchio carognesco italico modo di rapportarsi con il cliente. Ma, forse, non tutta la colpa è del commerciante e dell’artigiano: diamo a Cesare quel che è di Cesare. Se da certi altissimi pulpiti si invitano queste persone ad imbrogliare costantemente il proprio prossimo, con la parola e con l’esempio, che altro resta da fare al povero commerciante e al povero artigiano se non imitare cotanto modello? Meditiamo…
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