FOLLIE AL VOLANTE. Per una ricorrenza speciale, decidiamo, io e mia moglie, di acquistare un dolce da portare alla persona festeggiata. Lungo il percorso, ci fermiamo quindi presso una nota pasticceria della zona. E’ domenica mattina, il grande parcheggio, utilizzato dai negozi e dagli uffici presenti nello stesso stabile della pasticceria, è praticamente deserto. Decido di parcheggiare all’inizio della rampa di accesso ai negozi, in un angolo chiuso. Mentre attendo in macchina mia moglie che si dirige verso il negozio, un’altra auto, sopraggiunta nel frattempo, si ferma, esattamente dietro a me. Penso: è curioso come in un parcheggio praticamente vuoto, si tenda a concentrarsi tutti nello stesso punto. Forse, perché è anche il punto più vicino al negozio, chissà se si potrebbe estrapolare una qualche legge o regola di carattere generale… Intanto alcune persone sono scese dall’auto e si dirigono anch’esse verso la pasticceria, unico negozio aperto, essendo, come già detto, domenica mattina. Ecco che mia moglie ritorna con il suo pacchetto: apre la portiera dell’auto e mi fa notare come l’auto dietro me mi abbia praticamente chiuso l’uscita, impedendomi qualsiasi manovra. Intanto che sale in macchina, mi dice: “Prova a suonare il clacson.” Personalmente detesto il suono del clacson quando non è usato per situazioni di emergenza e per motivi di sicurezza, ma, a malincuore, sto per procedere all’operazione, quando, quasi per telepatia, l’auto dietro me si mette in moto. Bene – penso – così posso uscire senza problemi. E inizio a fare retromarcia. Macché! L’auto si è spostata di qualche decina di centimetri e mi chiude ancora lo spazio a qualsiasi manovra. Allora provo a tornare avanti e cambiare la direzione di manovra. Ma, ecco che anche l’altra auto torna avanti, così siamo al punto di prima. Rimetto la retromarcia, ripeto l’operazione: tutto come prima. Ancora non ci siamo: non ho spazio per girare. Ritorno avanti: l’altra auto mi segue, niente è cambiato. Un po’ innervosito, rimetto per la terza volta la retromarcia e, finalmente, l’altro autista sembra uscire dal coma e prova a mettersi di fianco a me, in modo da lasciarmi spazio. Penso: per fortuna eravamo solo in due in tutto il parcheggio! Concludo che, pur essendoci una forma molto articolata di comunicazione tra gli esseri umani, per il momento non ce n’è altrettanta tra gli automobilisti.
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