Del furore di legger libri

L’abate Volpi, in un suo prezioso volumetto, del quale ho in animo di parlare in un prossimo post, stigmatizzava il comportamento di quanti amavano i libri al punto da commettere furti per possederli. Chiamava questa specie di nevrosi il “furore di aver libri”. Un’altra più sana passione, un altro “furore” è quello che si impossessa del personaggio centrale di questo breve romanzo “Il libraio di Selinunte” scritto, con l’evidente piacere di farlo, da Roberto Vecchioni. Più noto come cantautore, meno come docente di Italiano, il suo amore per la cultura in generale e per la lettura in particolare, si rivela in tutta la sua  profondità attraverso questo sottilissimo libro. E non parlo della dimensione fisica, quanto piuttosto di quella culturale del testo: il tentativo di sintetizzare un universo praticamente illimitato, quello dei libri, e confinarlo in un micromondo, quale quello della Selinunte di fiaba che lo ospita, appare perfettamente riuscito. Selinunte diviene così il Mondo stesso, dove ogni abitante è metafora di tutti gli abitanti della terra e della specie umana in assoluto.  Il monito severissimo che viene lanciato attraverso le pagine è portatore di uno scenario apocalittico: guai a rinunciare alla lettura e ai libri, se non vogliamo rinunciare alla parola e ricadere nella condizione degli animali, non più uomo tra uomini ma fiera tra le fiere. Da questo diluvio universale della cultura solo uno sopravvive, segno di incondizionata speranza nell’essere umano e nell’umanità in generale. A lui il compito di restituire i libri e le parole alla sua specie; solo lui è degno di essere salvato, adolescente quasi bambino, deriso perché capace di vedere oltre la povera e triste realtà contingente. Vedrà il nostro tempo la scomparsa dei libri e della lettura a favore delle sempre più onnipresenti immagini? Il simbolo occuperà interamente lo spazio ora attraversato dal suono? I segni che ci circondano ammoniscono a non rinunciare al “furore” della lettura, noi pochi, “noi felici pochi”: questo mondo, ora più che mai, ne ha bisogno.

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